GUALTIERO MARCHESI

RISOTTO
Cominciamo dalla cipolla, la tradizionale componente aromatica: essa deve esseretritata finemente perché, quando la cottura sarà conclusa, il dente non dovràriconoscerla, ma confonderla tra i chicchi di riso a cui avrà ceduto il sapore. 

Inoltre, va fatta «sudare» nel burro, cioè cuocere fino a evaporazione dell’acqua di vegetazione senza che la verdura prenda colore e, solo a questo punto, si aggiunge il riso e insieme si fanno imbiondire, mescolando di continuo affinché ogni chicco si impregni del grasso
di cottura e non s’attacchi al fondo della casseruola. 

La «tostatura» del riso è in effetti una delle prerogative fondamentali del risotto: se non venisse effettuata, al termine della cottura i chicchi finirebbero col somigliare, per consistenza e sapore, a quelli del
semplice riso bollito.

Facendogli prendere colore «a secco» (ossia nel burro) invece, l’amido superficiale subisce una trasformazione chimica che ne aumenta l’aroma e per così dire lo tempra in vista della successiva cottura nel brodo. 

La quantità di burro da impiegare nell’operazione dev’essere quella strettamente necessaria per imbiondire riso e cipolla
(in caso contrario il risotto risulterebbe eccessivamente untuoso).

 Anche nelle dosi della cipolla non si deve esagerare, giacché la sua funzione è quella di aromatizzare il riso,non d’imporgli il proprio sapore. In conclusione, le proporzioni ottimali sono: un decimo del peso complessivo del riso per la cipolla, un quinto per il burro. 

Se si vuole impiegare del midollo (che va aggiunto tritato alla cipolla), sarà sufficiente una minore quantità di burro. 

Il midollo, in ogni caso, non rappresenta una regola, ma è l’ingrediente di ricette particolari, come il celebre risotto alla milanese.

L’operazione successiva alla tostatura consiste nel bagnare il riso col vino, lasciarloconsumare e aggiungere il brodo. 

Il vino fornisce al risotto un tocco d’acidità che gli dà nerbo e ne completa il gusto. 

Chi non lo gradisse, potrà tranquillamente farne a meno, perché esso non influisce sul buon esito della cottura. Bianco o rosso?

In generalebianco; rosso, ovviamente, nei risotti a base di vino rosso (Barolo, Barbera) e anche

dove gli altri ingredienti lo reclamano, come nel risotto con la salsiccia o con i fagioli.

Che tipo di brodo converrà quindi usare? Di regola e per tradizione un buon brodo di carne. 

Esistono tuttavia delle eccezioni. 
L’una ovvia: per risotti a base di pesce o frutti
di mare s’impiegherà un brodo di pesce.

 L’altra meno vincolante ma parimenti consigliabile: se il risotto viene guarnito con ortaggi, il brodo di carne non è il più indicato per farne risaltare il gusto e sarà meglio sostituirlo con un brodo vegetale.

Di qualunque genere sia il brodo, se è salato al punto giusto, cuocerà il riso senza che sia necessario aggiungervi sale.

 Tuttavia, se si prevede una mantecatura finale col parmigiano, sarà bene tenere il brodo dolce di sale (si sarà sempre in tempo ad aggiungerne al riso in seguito).

 È preferibile aggiungere il brodo mestolo dopo mestolo o tutto in una volta? Entrambi i metodi sono validi; l’importante è che si arrivi alla conclusione della cottura senza avere liquido in eccesso.

 Il brodo deve essere in ogni caso bollente, perché altrimenti provocherebbe una caduta di temperatura nel riso,
facendogli così perdere la consistenza caratteristica. 

Al riguardo dovrà essere adottata un’ulteriore precauzione, quella di rimestare il risotto quel tanto che basta per non farlo attaccare alla casseruola e consentire una cottura omogenea. 

Mescolandolo continuamente, infatti, i chicchi tenderebbero a sfaldarsi.

Prima di portare a termine la cottura del risotto, occorre decidere quale debba essereil suo carattere finale, materia che spetta per intero all’arbitrio dei gusti: chi lo ama asciutto avrà cura di portare il riso al grado di cottura desiderato mentre il brodo si prosciuga completamente, in modo da ottenere un riso piuttosto fermo. 

Chi predilige,invece, il risotto «all’onda», ne arresterà la cottura quand’esso è ancora leggermente brodoso; aggiungerà quindi burro (FREDISSIMO) e parmigiano, lasciando riposare un attimo per poi mescolare energicamente il tutto finché il burro e il formaggio, unendosi al brodo in eccesso, non siano emulsionati, dando vita a una vera e propria crema: si tratta della classica mantecatura. 

La medesima operazione, dove il formaggio stoni, può essere
effettuata col solo burro.

Ultime precisazioni: la cottura del risotto comincia a fuoco tenue (stufatura della cipolla), prosegue a fuoco medio (tostatura del riso) e si conclude a fuoco vivace, mantenuto costante a partire dalla prima aggiunta di brodo. 

Le migliori qualità di riso per risotti sono il Vialone nano, l’Arborio e il Maratelli. 

Quanto al recipiente di cottura, nulla di meglio dell’impareggiabile casseruola di rame stagnato.


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CARNE
Usare padelle d’acciaio
La carne va tolta dal frigorifero  almeno trenta minuti prima di cucinarla.

Se  fosse ancora fredda, entrando in contatto con la padella calda 
formerebbe umidità che finirebbe per «sciacquarla».

Occorre osservare una corretta proporzionalità tra superficie della 
padella e dimensione della carne.

Se la padella  è troppo ampia il condimento che rimane scoperto tenderà a bruciare.

Ma oltre alla giusta ampiezza il recipiente di cottura deve essere dotato di un fondo spesso, tale da poter assorbire e mantenere il calore anche quando la 
carne verrà messa a cuocere.

Un recipiente sottile, infatti, subirebbe un abbassamento di temperatura tale da rendere sciacquosa, e quindi stopposa, la carne.

In base allo spessore bisogna regolare la fiamma che deve rimanere costante.

Consideriamo una cottura statica, che non richieda cioè che la padella venga rimossa: se questa viene spesso tolta dal fuoco per non far bruciare il 
condimento ciò significa che è dotata di fondo troppo sottile o che la fiamma
 è troppo alta.

Possiamo capire se una cottura avviene correttamente proprio da questo particolare rivelatore; infatti se la padella non viene mai spostata e il cibo
 cuoce senza bruciare significa che è stato trovato il giusto equilibrio tra
 spessore del fondo del recipiente e intensità della fiamma e che, quindi, 
la cottura sarà perfetta. 
Un ingrediente importante è il sale.

Salare la carne con morigeratezza e appena prima della cottura;
se venisse servita con una salsa dovrà essere questa a completarne
 la salatura
Nel caso non fosse prevista correggere la carne di sale prima di servirla.


Inoltre, occorre far riposare la carne 2 o 3 minuti appena dopo la cottura perché i succhi, concentrati dal calore nella parte più interna,rifluiscano verso l’esterno conferendo alla carne un gusto più completo. 





ANATRA

Tra le anatre da cortile, l’anatra muta ha carne rossa e petto ben fornito, mentre la nostrana ha in genere carne più chiara e in minor abbondanza. L’anatra muta è inoltre riconoscibile dall’escrescenza di carne rossa attorno agli occhi e dal piumaggio bianco e nero o grigio. 

La differente distribuzione e natura delle carni diversifica in partenza i
tipi di cottura delle due specie.

La preparazione dell’anatra nostrana non presenta problemi particolari: è gustosa sia arrosto, sia in umido e, sacrificando la pelle, è deliziosa anche bollita o cucinata al vapore. 

Se le stesse cotture convengono all’anatra muta, occorre tener presente che essa
(al pari dell’anatra selvatica, meno grassa ma pure di carne rossa) dà il meglio di sé quando viene cotta al sangue. 

Più precisamente al petto, che ha una carne estremamente delicata e morbida, si addice una cottura breve (cuocendolo oltre misura riuscirebbe infatti asciutto e insapore). 

Viceversa le cosce, avendo un tessuto nervoso, necessitano di una cottura più prolungata per poter risultare tenere.

 Per questo, volendola arrostire in forno, l’anatra a carne rossa andrà cucinata in due tempi, tenendo il petto al sangue per proseguire la cottura delle sole cosce, separate dal resto della carcassa.

Esaminato più nel dettaglio, il procedimento si presenta in questi termini: dopo aversalato e pepato l’anatra internamente ed esternamente e aver eseguito la rosolatura

iniziale, si prosegue la cottura in forno a calore medio-alto. 

Dopo una ventina di minuti all’incirca l’anatra dovrà essere estratta dal forno e smontata. Si rimettono le cosce in forno per altri 10-15 minuti in modo da completarne la cottura (alla fine dovranno risultare ben cotte). 

Nel frattempo il volatile, amputato ma non ancora sfilettato, verrà
tenuto in caldo (avvolto, per esempio, in un foglio d’alluminio) fuori dal forno, in modo da consentire ai succhi e al sangue – concentrati all’interno – di rifluire verso l’esterno così da provocare una cottura uniforme. Una volta che le cosce siano cotte, si affetta sottilmente il petto, che dovrà risultare rosato come la carne di un roast-beef.

È anche possibile adottare una soluzione più drastica. 

Sfilettando l’anatra prima di cuocerla, le due metà del petto, con ancora attaccata la pelle, potranno essere cucinate direttamente in padella, come comuni bistecche di manzo, mentre le cosce verranno destinate ad altre preparazioni (cucinate per esempio in umido, brasate, o utilizzate per terrine e pâtés)



IL GRANDE MANUALE DEL CATERING

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